Per persone che decidono di investire cinque anni di vita dedicando parte del proprio tempo allo studio potrebbe, sembrare superfluo; in realtà trovo che pochissimi studenti sappiano studiare e non tanto per pigrizia, ma perché non sanno cosa sia lo studio. Studiare è primariamente un'attività del cuore, infatti il termine latino "studere” si può anche tradurre con “amare”. La conoscenza non è solo un atto d'amore, ma solo l'amore permette una vera conoscenza. Si conosce con il cuore, cioè con la libertà del proprio intimo e dunque studiare impegna la libertà e quindi l'amore. Conoscere vuol dire non solo 'prendere atto che una cosa è così'; ma significa anche ‘unirsi’ a quella cosa e diventarne responsabili, cioè legarsi ad essa amandola.
Cosa significa tutto ciò? Almeno due cose: amare ciò che si studia perché si pensa già al servizio da rendere alle persone per le quali si studia; amare lo studio fino a “perdersi” in esso. Perché tutto non degeneri nella “secchioneria" (forma epidemica e surrogato del vero amore) bisogna declinare lo studio con la libertà. Solo le persone libere possono amare lo studio, perché ad esso si “legano” con la forza dell'amore. Non è un paradosso; si vuole affermare la necessità dì acquisire al più presto la capacità di dominare lo studio senza esserne mai dominati; il prezzo che pagano coloro che sono angosciati dallo studio è troppo alto e solo in minima parte ricompensato da qualche successo. Essere liberi dallo studio per poter essere liberi di studiare; in questo modo le ore passate sui libri, anche con fatica e sacrificio; diventano un atto d'amore. Ma non siamo ancora al punto centrale: perché studere=amare? Conta, forse, l'atto dello studio in sé stesso? Oppure lo studio prende valore da ciò che si studia? Lo studio è sempre lo studio di qualcosa e quindi, è sempre apertura alla verità. La verità (ogni verità) è sacra e poterla conoscere è un privilegio e una grazia. Studiare non è solo aumentare le conoscenze o apprendere un mestiere (una università che mettesse queste cose al primo posto non sarebbe degna del nome che porta), bensì avere la passione per la verità. La passione della verità che nasce dall'amore toglie la paura perché dove c'è l'amore non può esserci la paura. Oggi la nostra più grande nemica è la paura: paura di non passare gli esami, paura di non trovare lavoro, paura di essere abbandonati, paura di essere costretti ad abbandonare perché si è capito che non era amore. C'è rischio che il percorso universitario sia un percorso accidentato, pieno di insidie e trabocchetti. Ma non è così per chi ama: per chi ama lo studio, cioè per le persone libere e senza paura, il percorso universitario diventa una grande avventura di ricerca esistenziale ed intellettuale. Avere a che fare con la verità non può essere un gioco lasciato nelle mani degli imbecilli, dei paurosi o dei pigri. (Articolo scritto da don Luigi Galli, ex assistente spirituale del gruppo Fuci Milano Cattolica)
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