L' 8 ottobre 2019 è stata approvata la legge di riforma costituzionale “in materia di riduzione del numero dei parlamentari”; è stata poi richiesta, ai sensi dell'art. 138 della Costituzione, l'indizione di un referendum, con la celebrazione del quale il 20 e 21 settembre 2020 saremo chiamati a confermare o respingere quanto approvato in Parlamento. Vediamo subito cosa prevede nel concreto questa riforma: attualmente i Parlamentari eletti in Italia sono 945, di cui 630 deputati e 315 senatori; entrando in vigore la riforma, il loro numero passerebbe a 600: 400 deputati e 200 senatori.
L'intento di questo articolo non è sostenere il “sì” o il “no" alla conferma della riforma, ma tentare di esporre alcune tra le tesi contrapposte, così da creare informazione e provocare riflessione su un importante momento della vita costituzionale italiana. Per ragioni espositive questo articolo non sarà totalmente esauriente, perciò in chiusura rimanderò ad altri articoli per approfondire il tema, qualora dovesse interessare. Partiamo dal quadro politico che ha incorniciato la nascita e lo sviluppo di questa riforma: nel corso delle due votazioni parlamentari richieste per l’approvazione di una riforma costituzionale, si è assistito ad alcuni clamorosi cambi di orientamento di voto, con fazioni politiche che - ad esempio – inizialmente hanno votato contro il provvedimento, mentre nella seconda votazione a favore. Questa situazione, ad un primo e superficiale livello potrebbe essere liquidata come opportunismo politico, ma deve suscitare una riflessione più profonda: come è possibile che ci si convinca della bontà o meno di una riforma costituzionale solo per ragionamento politico, e non invece partendo dallo studio e l’approfondimento della materia, che dovrebbe creare un radicale convincimento per una posizione piuttosto che un'altra? L'impressione (per non dire la certezza) è che intorno a questo tema si sia creata una folta coltre di ideologia, che non permette alla limpida luce della critica sostanziale di perlustrare e approfondire la materia. Infatti, la prima motivazione con cui è stata sostenuta questa riforma, in particolar modo dal Movimento 5 Stelle – primo e vero sostenitore della riforma -, è quella del risparmio: non dovendo più pagare lo stipendio e i privilegi di 345 Onorevoli, si risparmierebbero 500 milioni a legislatura, 100 milioni all'anno che potrebbero essere investiti in scuola, sanità etc... (ma vedi anche l'articolo di Carlo Cottarelli, che stima il reale risparmio in 285 milioni). Il punto rilevante a tal proposito non è tanto la quantificazione del risparmio, quanto più quanto possa valere la rappresentanza dei nostri Parlamentari e se sia un bene realmente quantificabile in denaro, fermo restando che il nocciolo della questione forse rimane non quanti sono i Parlamentari, ma chi lo fa e soprattutto come lo fa. A tal riguardo, sarebbe comunque importante riflettere sui motivi che hanno portato ad una così profonda sfiducia nei confronti della politica, tanto da vederla semplicemente come costo e non più come servizio, missione, vocazione o, per dirla con san papa Paolo VI° “... la più alta forma di carità... ”. Dall'altra parte, chi si oppone alla riforma denuncia innanzitutto un taglio della rappresentanza e, conseguentemente, della democrazia: attualmente in Italia viene eletto un parlamentare ogni 63.000 abitanti circa; con il taglio previsto dalla riforma, si passerebbe ad un parlamentare eletto ogni 1 00.000 abitanti circa. Altri confronti vengono poi fatti in relazione al numero di parlamentari di altri Paesi: al di là della posizione effettivamente occupata dall'Italia, ciò che rileva sotto questo punto di vista è il sistema parlamentare che abbiamo, differente da tutti gli altri Paesi, ovvero un bicameralismo perfetto. Il punto interessante su cui riflettere è il fatto che questa riforma, a differenza di altre proposte in passato, punti a ridurre il numero dei Parlamentari a sistema costituzionale invariato; dovremmo invece chiederci se la debolezza del nostro sistema sia il numero dei Parlamentari, o il sistema rappresentativo stesso, che dopo più di 70 anni di vita costituzionale forse necessiterebbe di una modifica. In conclusione, l'unico consiglio che mi permetto di dare è di andare a votare: “il voto è un dovere civico” (art. 48 Costituzione). Qui di seguito il rimando ad alcuni articoli per approfondire il tema:
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