Un’altra sigla si aggiunge alla lista nel mondo della scuola e della formazione: DAD, la didattica a distanza che in moltissimi hanno imparato a conoscere, per diversi mesi. Anche se si sfocia in luoghi comuni quando si parla di questa tematica, come il mondo intero non era preparato a una pandemia, così anche l’istruzione in generale non era preparata nell’immediato, e prendere l’abitudine con una novità non è sempre semplice. Per nessuno: per chi, dai vertici, ha dovuto riorganizzare l’intero sistema, con tutta la sua burocrazia e le sue problematiche già pregresse; per gli insegnanti di ogni ordine e grado e per i presidi; per i bambini delle elementari, per i preadolescenti delle scuole medie e per tutti i loro genitori che hanno dovuto seguirli; per tutti gli studenti delle superiori. E non è stato facile neanche per noi, studenti universitari e parte integrante di una macchina gigantesca.
È un dato di fatto che la vita universitaria in presenza, e quindi la frequenza regolare delle lezioni, è tutta un’altra cosa. Non possiamo nemmeno fare un paragone, altrimenti anche l’essenza di gruppi associativi come è il nostro verrebbe meno, se dicessimo che tenere gli incontri e organizzare riunioni su Zoom sia la norma. Di discussioni e di polemiche se ne sono lette tante nei mesi scorsi, valutando i pro e i contro di questa DAD. Le ore passive che molti impiegano sui mezzi pubblici per recarsi in ateneo in questi mesi sono scomparse, e ne constatiamo la comodità per un minor dispendio di tempo, di energie e di denaro, è vero. Ma è anche vero che le aule ci regalano il contatto umano, che è quello che ci rimane nel tempo. Tuttavia, quasi tutti i docenti hanno riorganizzato le proprie lezioni, tra dirette streaming, registrazioni audio, presentazioni Power Point, dispense. Alcuni sono stati più innovativi, altri meno, ma in qualche modo ci siamo adattati, cercando di fare il nostro dovere di studenti, cercando di adeguarci alle difficoltà del momento. Non si può negare che alcune facoltà, come quelle scientifiche, abbiano contato qualche problema in più, a causa dei professori impegnati negli ospedali, a causa delle ore in laboratorio e dei tirocini che bisognerà recuperare, e così via. Si procede per considerazioni ovvie fin qui, e dispiace, perché forse ci vuole ancora del tempo affinché la didattica a distanza sia elaborata del tutto, sia analizzata in tutte le sue sfaccettature, andando oltre le semplici lamentele. I prossimi mesi avranno protagonista una didattica mista, che porrà di fronte ai nostri occhi nuove sfide e nuove discussioni. Quello che possiamo fare è sempre lo stesso: se vogliamo sentirci parte di qualcosa – pur con tutte le difficoltà del caso – è fare la nostra parte, ognuno a suo modo. L’Università è un sistema così complesso, che sviscerarlo completamente riesce a pochi, però bisogna ammettere che è uno specchio del nostro tempo, come è sempre stato in passato. La DAD rimane uno specchio del nostro tempo allora, in questo 2020. Magari questo ci porterà a osservare con un altro sguardo gli edifici che ci sono tanto cari, ogni volta che da ora in poi ci passeremo davanti. (Articolo scritto da Francesca Bertuglia, Gruppo Fuci Milano Statale)
0 Comments
Leave a Reply. |
FuoriOrario
La rivista dei Gruppi F.U.C.I. di Milano CategoriesContatti
|